venerdì 29 aprile 2011

Confucio e la conciliazione

A seguire un interessante articolo di Rossella Orfeo, Conciliatore presso la C.E.S.D. su " Le origini della Conciliazione in Cina: il pensiero confuciano".

Buona lettura.
Giovanni Prati


Le origini della Conciliazione in Cina: il pensiero confuciano. Una delle culture che ha più largamente utilizzato il mezzo della Conciliazione come strumento primario per la risoluzione delle controversie è sicuramente quella di natura confuciana, originariamente sviluppatasi in Cina e successivamente estesasi a tutte quelle zone limitrofe soggette alla potenza della Cina Imperiale.
La concezione cinese del diritto è molto diversa da quella occidentale e la regolazione della vita sociale è fondata sul combinarsi del li e del fa, che rappresentano due distinti insiemi di norme volti al perseguimento del principio cardine secondo cui una decisione giudiziale arbitrariamente assunta dal giudice senza fare espresso riferimento alla legge è teoricamente illecita.
Il li consiste in un complesso di regole morali concretizzate in specifici rituali necessari per garantire all’uomo una vita in armonia con il cosmo.
Rappresenta una sorta di codice di comportamento di un gruppo sociale e trova il suo fondamento nel pensiero confuciano il quale manifestava costantemente la sua avversione nei confronti di leggi e tribunali e la propria ostilità e sfiducia nei confronti della capacità delle istituzioni giuridiche di disciplinare in maniera armonica i rapporti sociali, affermando, al contrario, la necessità di fondare l’ordine della società su regole di educazione e di cortesia.
In questo codice di comportamento, caratterizzato dalla ricerca dell’armonia He e dalla rinuncia in favore del prossimo Rang, i diritti non trovano spazio considerato che l’individuo è connotato dai propri doveri e che il concetto di uguaglianza non è contemplato all’interno dei rapporti interpersonali.
Infatti la morale confuciana non ha una connotazione teologica come quella cristiana, ma al contrario vuole essere un efficace strumento di regolazione sociale e di governo.
La storia del diritto cinese è stata segnata dal contrasto del li all’opposta scuola di pensiero del fa, che nella legge scritta e in particolare in quella penale, vede il più efficiente tra gli strumenti di governo.
Rappresenta la legge in quanto fonte del diritto e il suo principio base, opposto a quello confuciano, è la certezza di dover reprimere i conflitti che nascono dall’inevitabile egoismo della natura umana che dunque è necessario controllare attraverso leggi scritte e punizioni delle violazioni.
Tuttavia anche nel fa si riscontra alla fine una progressiva interiorizzazione della norma a cui si arriva attraverso l’azione legislativa e repressiva che col tempo rende inutile sia la legge che la relativa sanzione.
Per ben oltre 30 secoli la storia della Cina è stata segnata dal contrasto fra queste due opposte scuole di pensiero, ma quello che ne è derivato è che lo Stato ideale, per entrambe le scuole, è quello che della legge non ha bisogno, considerato che, la prevalenza dell’una o dell’altra impostazione ha poi approdato a risultati simili.
È in un testo del XIII secolo che questo emerge in maniera significativa, laddove si privilegia l’applicazione del li ma il susseguente ricorso al fa laddove i riti proposti dal li non siano rispettati.
Il rapporto tra il li ed il fa è allora riproposto come una gradazione e viene racchiuso in un aforisma dei seguaci confuciani che recita che “ il li non discende fino alla gente comune e il fa non sale fino ai nobili letterati”.
È da quel momento che in Cina comparvero i concetti di uguaglianza dei cittadini, garanzie processuali, separazione fra diritto pubblico e privato e diritti soggettivi.
Le innovazioni fondamentali, che si ebbero con la codificazione proposta da Goumintang e proseguita da Sun Yat-Sen, portarono ad un apparato legislativo (detto sistema delle sei leggi) fondato sul principio di legalità ed ispirato al modello giuridico dell’Europa Continentale di Civil Law e furono creati il Codice Civile e di Procedura Civile, il Codice Penale e di Procedura Penale e la Costituzione che dopo varie revisioni entrò in vigore nel 1947 consacrando così l’entrata della Cina nella famiglia giuridica Romano-Germanica.
Con la vittoria di Mao Zedong, in seguito alla guerra civile tra Comunisti e Nazionalisti, nel 1949 venne abrogato il sistema delle “sei leggi”, considerato troppo a favore dei proprietari terreni e nel 1954 venne promulgato un testo Costituzionale con il quale furono istituiti i cosiddetti “Comitati di Conciliazione Popolari”, come suggeritori di soluzioni stragiudiziali delle controversie.
Si ritorna così al pensiero confuciano, promotore della conciliazione, un mezzo che in poco tempo divenne lo strumento più idoneo per amministrare la giustizia civile in Cina.
Infatti dal pensiero confuciano è lontano il comportamento di sfida fra le parti all’interno di una controversia giudiziaria; Confucio è dell’idea che la conciliazione, attraverso pratiche di compromesso e di mediazione, sia idonea a limitare quell’esasperata competizione fra individui che si esplica nel tentativo di avere ragione e vincere la causa.
Oggi questa cultura giuridica si rafforza e si espande e l’intervento dello Zhong Jian Ren, terzo indipendente e neutrale, è un elemento chiave del sistema cinese e la conciliazione viene spesso incoraggiata o tentata direttamente anche da giudici e arbitri nel corso di un procedimento.
Confucio dicendo che “la risoluzione ottimale di una divergenza si trova tramite la persuasione morale e l’accordo e non sotto coercizione”, ha individuato così, in una sola battuta, il senso e il nucleo fondamentale dei sistemi ADR, idonei a rappresentare un efficace gestione del conflitto tale da consentire ai contendenti di ottenere il soddisfacimento dei propri interessi senza dover ricorrere alla extrema ratio dell’aggressività e conservando quel senso di cooperazione che nella cultura cinese, sin dai tempi antichi, riveste un’importanza preponderante.

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